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domenica 24 dicembre 2017

Presepe privato

Giovanni Segantini - Le due madri, 1889.
Quando il tempo era ancora giovane ogni giorno d'inverno era Natale. Quando il gelo mordeva le carni per rifarsi del sole che d'estate le aveva bruciate la stanza più calda della casa era la stalla. Gli animali avevano un nome, come i figli, e sacre famiglie si radunavano insieme a buoi e asini da tiro, capre e pecore, mucche da latte e galline ovaiole a discorrere di passate stagioni e di future semine, raccontavano storie mentre ciurme di santi bambini si rincorrevano per raccogliersi stanchi intorno a austeri contadini e anziani pastori, pronipoti di Caino e Abele. Dormivano gli ultimi nati sotto gli occhi attenti di Marie che si scambiavano consigli e memorie a loro giunte da antiche madri sempre presenti che a quei tempi i morti dividevano il pane con i vivi e le famiglie erano numerose di generazioni e andando indietro di anziano in anziano presto si sarebbe arrivati al tempo che Cristo non era nato.
Quando il tempo era giovane ogni notte fredda era Natale, oggi è solo una volta l'anno. Viviamo davvero miseri tempi.

giovedì 21 dicembre 2017

Riflessioni sulle età del fascismo

Fonte dell'immagine (it.pinterest.com)
Considerando l'ordinanza del sindaco di Como che durante le festività natalizie vieta, per ragioni di decoro urbano, che siano portati beni di prima necessità ai senza tetto viene da pensare che negli ultimi tempi decoro sia diventata la parola d'ordine dei fascisti beneducati. Di fronte a questi casi è tuttavia intellettualmente onesto chiedersi se la storia di questo paese non induca a ricondurre sotto la categoria del fascismo qualsiasi comportamento che contravvenga ai principi di solidarietà. E’ sotto gli occhi di tutti una deriva egoistica anche in paesi che non hanno avuto l’esperienza storica del fascismo. Le organizzazioni che si richiamano alla destra sociale fanno dei loro interventi di beneficenza un elemento caratterizzante, sebbene i soggetti beneficiari del loro aiuto siano eletti non in quanto bisognosi ma in quanto bisognosi appartenenti a una comunità di sangue e territorio. Basterebbe forse questo per riconoscere un elemento distintivo del fascismo, l’appartenenza in quanto legame di sangue determinato da confini nazionali. Confini che sappiamo blandi da sempre e che oggi più che mai si richiamano a un mondo che non esiste e che non è mai esistito se non quando aveva organizzazione tribale. Ripensando al periodo storico del fascismo è facile che tornino in mente detti popolari come “quando c’era lui non si vedevano poveri per strada”, “tutti avevano un lavoro”, e via cantando lodi di questo passo. Se e quanto questi peana corrispondessero al vero la storia ha già detto. Eppure sono questi canti che fanno tornare in mente la considerazione che decoro sia diventata oggi la parola d'ordine dei fascisti beneducati, ma sappiamo esserci di più. Il di più deve spiegare perché l’egoismo, per quanto non più caratterizzato da elementi tribali, sia diventato così diffuso anche dove il fascismo storico non si è manifestato, anche in paesi che lo hanno combattuto. La storia ama rovesciare i paradigmi e se il paradigma che un tempo opponeva destra (fascista) e sinistra sul fronte della solidarietà era l’appartenenza su base territoriale contro una appartenenza di classe sociale senza confini allora in quest’epoca ossimorica quello che si osserva è un egoismo di classe. Si appartiene alla classe degli egoisti o se ne è tagliati fuori secondo criteri efficientisti, di produzione e godimento di ricchezza. Qualsiasi comportamento che contravviene ai sacri principi del produttivismo è bollato dallo stigma del biasimo che segna il reietto che non merita pietà. “La lotta di classe c’è e l’hanno vinta i ricchi”, scriveva tempo fa Marco Revelli, con l’ulteriore successo da parte loro di aver trascinato la classe media nel tripudio della vittoria, facendone una classe ignobile, ancora più ignobile della classe alta perché è una classe di parvenu che aspirano ad entrare nel gotha dei potenti esibendo in maniera sguaiata disprezzo per chi ha bisogno di aiuto, una classe di Calogero Sedara senza storia e senza quel decoro interiore che esigono per ciò che è fuori. Quando c’era lui non c’erano mendicanti per strada! Quando c’era lui tutto filava liscio, tutto era efficiente. E’ questo efficientismo di facciata il marchio del fascismo, lo stesso efficientismo che caratterizza la nostra società tecnologica. Non era forse distintiva del fascismo storico anche l’esaltazione del progresso tecnologico, esaltazione peraltro condivisa con le rivoluzioni di altro colore? La storia cambia continuamente, costruisce il ponte su cui cammina mentre lo percorre. L’efficienza di oggi si è dematerializzata, non ha più i connotati materiali della tecnologia di un tempo. Il fascismo del ventennio italiano è stato la manifestazione storica di qualcosa che lo precedeva e che gli è succeduto non solo in questo paese. Da questo punto di vista l’Italia è stato un laboratorio privilegiato, tragicamente privilegiato, un contrappasso o forse una involuzione per il privilegio che abbiamo avuto di essere laboratorio dell’Umanesimo e del Rinascimento. La storia è come le scale del castello di Hogwarts, “a loro piace cambiare!”. Una nuova trasmutazione è avvenuta verso lo spirito assoluto, dopo l’eliminazione del pater e la continua negazione della mater l’unico soggetto che resta è lo spirito santo del mercato in cui tutto si produce e tutto si consuma. Questa è l’ultima ara del progresso, l’aleph verso cui tendere, il buco nero che tutto attira. Se sei riunito intorno a quell’altare allora fai parte della comunità degli eletti altrimenti sei uno scarto. Il povero è povero perché non si è impegnato a sufficienza, chi partecipa alla liturgia del natale raccoglie e consuma il meritato premio. Il merito è guida e metro di questo successo. Il mancato consumo è l’oltraggio al decoro, chi non consuma è il blasfemo che nega Dio. Non si può bestemmiare in chiesa esattamente come non si può mendicare davanti alle vetrine di addobbi natalizi. La storia ama cambiare ma forse conserva un’essenza perenne che pochi uomini sono stati in grado di scorgere, uomini capaci di guardare la storia negli occhi, di vederne il terribile volto di medusa senza restare pietrificati. Pier Paolo Pasolini scriveva nel 1962 "L’Italia sta marcendo in un benessere che è egoismo, stupidità, incultura, pettegolezzo, moralismo, coazione, conformismo: prestarsi in qualche modo a contribuire a questa marcescenza è, ora, il fascismo. Essere laici, liberali, non significa nulla, quando manca quella forza morale che riesca a vincere la tentazione di essere partecipi a un mondo che apparentemente funziona, con le sue leggi allettanti e crudeli. Non occorre essere forti per affrontare il fascismo nelle sue forme pazzesche e ridicole: occorre essere fortissimi per affrontare il fascismo come normalità, come codificazione, direi allegra, mondana, socialmente eletta, del fondo brutalmente egoista di una società. " (Pier Paolo Pasolini - Fascisti: padri e figli, Le belle bandiere, n. 36 a. XVII, 6 settembre 1962.)
Un mondo dove tutto funziona è esigenza perenne della natura umana, costante antropologica per cui si costruiscono miti, si istituiscono riti, nascono religioni. L’ultima trasfigurazione di questa invocazione di ordine sacro è la promessa di benessere di cui tutti possono godere. La promessa di Natale è di rendere tutti partecipi della festa. La promessa del mercato è di rendere tutti partecipi della festa a patto di meritarlo. E’ la promessa di un mentitore ma è una promessa su cui si è scommesso di credere come consigliava Pascal per altre promesse.
Quanti di noi, oggi, sono in grado di “vincere la tentazione di essere partecipi a un mondo che apparentemente funziona”?
Buone feste!

venerdì 15 dicembre 2017

Endecatliaco

Causa ritardo per un quarantotto
sarei operoso tra letto e divano
sorseggiando buon Ernest del trentotto
non ci fosse da lavorare invano

giovedì 14 dicembre 2017

Spunti sulla storia di domani

In una delle sue bustine di minerva Umberto Eco scriveva nel 2009: "È che siamo stati abituati, dalla storia detta 'evenemenziale', a vedere tutti i grandi eventi storici appunto come catastrofi: quattro sanculotti danno l'assalto alla Bastiglia e scoppia la rivoluzione francese, qualche migliaio di scalzacani (ma pare che la foto sia stata artefatta) danno l'assalto al Palazzo d'Inverno e scoppia la rivoluzione russa, sparano a un arciduca e gli alleati si accorgono di non potere convivere con gli Imperi Centrali, ammazzano Matteotti e il fascismo decide di trasformarsi in dittatura.
Invece sappiamo che i fatti che sono serviti di pretesto o, per così dire, di segnalibro per poter fissare l'inizio di qualcosa, avevano un'importanza minore, e che i grandi eventi di cui sono diventati simbolo stavano maturando per lento gioco di influenze, crescite e disfacimenti.
La storia è lutulenta e viscosa. Cosa da tenere sempre a mente, perché le catastrofi di domani stanno sempre maturando già oggi, sornionamente."


Perchè mi è tornata in mente questa bustina? Perché quando ieri sera ho ascoltato la notizia delle minacce di Ryanair ai lavoratori in sciopero e della giusta sollevazione di scudi da parte del governo nei confronti dell'azienda mi è tornata in mente la notizia di tre anni fa del ministro Dario Franceschini che invece di intervenire sui conflitti contrattuali che determinano lo sciopero dei lavoratori dei musei interviene sul diritto di sciopero.
Il comportamento di Ryanair è una inaccettabile conseguenza estrema di una inaccettabile premessa.

martedì 12 dicembre 2017

Lo stupore degli stupidi

Prendo spunto dal caso Bellomo, il magistrato consigliere di Stato, senza interessarmi del caso Bellomo. Le indagini e la soluzione del caso saranno cura della magistratura. Da parte mia dico solo che lo Stato in questi casi dovrebbe intervenire a tutela della propria credibilità, pena la caduta della fiducia nelle istituzioni. Fiducia che allo stato attuale mi sembra già gravemente compromessa, forse in maniera irreversibile.

Il servizio del Tg La7 di ieri sera su Bellomo comincia parlando delle eccezionali doti intellettive del magistrato e di un curriculum vitae et studiorum fuori dal comune che lo ha portato fino al Consiglio di Stato. Insomma una persona di successo con una vita pienda di soddisfazioni. Nel servizio si sente tutto lo stupore che un soggetto con quell'intelligenza e quella posizione possa essere coinvolto in un caso di molestie sessuali. In altre parole è sottinteso, almeno per l'autore del servizio, che in una situazione del genere si aspetta di trovare un soggetto non particolarmente dotato intellettivamente e quasi sicuramente povero. Insomma il classico brutto, sporco e cattivo.
Anni fa Daniel Goleman scrisse un libro dedicato all'intelligenza emotiva in cui distingueva l'intelligenza che serve per risolvere quiz e fare carriera da quella che serve per stabilire relazioni emotivamente soddisfacenti con gli altri. A distanza di più di vent'anni dalla pubblicazione del libro di Goleman la sua lezione non è stata ancora acquisita. Diamo per scontato che una persona istruita, ben vestita e di successo sia anche una persona corretta e moralmente integra. Forse dopo l'intelligenza emotiva sarebbe il caso di affrontare il tema dell'intelligenza morale e dire una volta per tutte che un plurilaureato, un genio in doppio petto può essere un autentico mostro. Ripeto, il caso Bellomo non mi interessa e non ho alcuna premura di esprimere giudizi partecipando al gioco dei colpevolisti e innocentisti che tanto appassiona gli italiani, solitamente competenti in ruoli che non gli competono. Quello che mi interessa è l'atteggiamento classista, espresso nel servizio del tg e molto diffuso, che dà per scontato che un genio in carriera sia anche moralmente ineccepibile. E' falso. Lo vediamo in mille casi in cui per la carriera molti sarebbero disposti a vendersi non una ma due madri, a trascurare le persone amate, a vivere rinunciando agli affetti. Diamo per scontato che un livello di istruzione alto sia garanzia di elevata moralità e trascuriamo di sottolineare la differenza tra la sfera intellettiva dedicata al successo professionale e quella dedicata all'etica. Questo vale anche trascurando di prendere in considerazione che in un mondo con un livello di scolarizzazione elevato sempre più diffuso il fattore casuale sarà sempre più determinante nel successo professionale, come fa osservare Branko Milanovic. "Un individuo potrebbe diventare banchiere di Wall Street invece che istruttore di yoga semplicemente perché una sera imbocca la strada giusta (e incontra la persona giusta)".
Tra l'intelligenza emotiva e l'intelligenza morale c'è un ponte, il ponte stretto dell'empatia di cui parlava Goleman. Ora la domanda è: quale ponte attraversiamo quotidianamente? Il ponte della carriera, del successo, del prestigio, del guadagno è affollatissimo, quello dell'empatia è stretto e pericolante e visto che la mia simpatia va più spesso verso i "brutti, sporchi e cattivi" allora utilizzo un linguaggio "brutto, sporco e cattivo" per ricordare che le inculate più brucianti la gente le prende da gente ben vestita con professioni rispettabilissime. Per questo si dovrebbe pretendere un supplemento di credenziali proprio da chi sembrerebbe titolare di fiducia e smettere di considerare un pericolo gli ultimi.
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