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giovedì 27 aprile 2017

L'ideologia delle ghiande

Q9 §131. Passato e presente. L’attuale generazione ha una strana forma di autocoscienza ed esercita su di sé una strana forma di autocritica. Ha la coscienza di essere una generazione di transizione, o meglio ancora, crede di sé di essere qualcosa come una donna incinta: crede di stare per partorire e aspetta che nasca un grande figliolo. Si legge spesso che «si è in attesa di un Cristoforo Colombo che scoprirà una nuova America dell’arte, della civiltà, del costume». Si è letto anche che noi viviamo in un’epoca pre-dantesca: si aspetta il Dante novello che sintetizzi potentemente il vecchio e il nuovo e dia al nuovo lo slancio vitale. Questo modo di pensare, ricorrendo a immagini mitiche prese dallo sviluppo storico passato è dei più curiosi e interessanti per comprendere il presente, la sua vuotezza, la sua disoccupazione intellettuale e morale. Si tratta di una forma di «senno del poi» delle più strabilianti. In realtà, con tutte le professioni di fede spiritualistiche e volontaristiche, storicistiche e dialettiche ecc., il pensiero che domina è quello evoluzionistico volgare, fatalistico, positivistico. Si potrebbe porre così la quistione: ogni «ghianda» può pensare di diventar quercia. Se le ghiande avessero una ideologia, questa sarebbe appunto di sentirsi «gravide» di querce. Ma, nella realtà, il 999 per mille delle ghiande servono di pasto ai maiali e, al più, contribuiscono a crear salsicciotti e mortadella. (Antonio Gramsci, Quaderni del carcere, 1948.)

giovedì 13 aprile 2017

Gli errori cognitivi dell'animale razionale (2)

Nel precedente post ho riportato in sintesi alcune trappole cognitive in cui incorriamo quotidianamente. Non mi sono avventurato nel terreno dei perché. Perché cadiamo in queste trappole? Quali sono le implicazioni e le conseguenze di questa nostra predisposizione? Rispondere a queste domande è molto più impegnativo di una descrizione delle distorsioni cognitive e io non ho la pretesa di farlo né le competenze ma può essere utile rifletterci.

Una cosa è certa. E' facendo affidamento su queste distorsioni cognitive che buona parte della pubblicità costruisce i suoi messaggi e questo accade in tutti quegli ambiti della comunicazione in cui la complessità viene semplificata ben oltre il confine della banalizzazione. Pensiamo al ruolo della "narrazione" in politica, o detta in maniera semplice, appunto, a come ce la raccontano! Come dice Kahneman: "costruiamo la storia migliore possibile a partire dalle informazioni che abbiamo… e se è una buona storia, ci crediamo". Pensa cosa può combinare chi sa sfruttare questa caratteristica per il proprio tornaconto! Non è un caso che gli studi sulle distorsioni cognitive condotti da psicologi e sociologi siano diventati di immediato interesse per l'economia e la finanza che con l'apporto di questi studi sono diventate economia comportamentale e finanza comportamentale. Se gli esiti positivi di queste conoscenze sono la presa d'atto delle trappole cognitive per evitarle e l'uscita dal paradigma dell'economia classica che descrive una razionalità che non esiste, è altrettanto vero che queste conoscenze si prestano a un uso distorto indirizzato alla manipolazione delle opinioni.

Dopotutto non siamo una specie così sapiens come ci piace credere. Prendendo seriamente in considerazione che l'imbecillità è una caratteristica costitutiva della specie sapiens, come suggerisce Maurizio Ferraris (L'imbecillità è una cosa seria, 2016), verrebbe da pensare se non sia il caso di ribattezzarci Homo demens! Alcune delle caratteristiche principali del nostro comportamento sono l'imitazione e la suggestionabilità, lati oscuri dell'empatia. I comportamenti di massa sono determinati da contagio sociale, manifestiamo forme di comportamento gregario che possono essere descritte con gli stessi strumenti con cui descriviamo il comportamento degli sciami di cavallette. Con le risorse del pianeta ci stiamo comportando esattamente come fanno lieviti e protozoi nei loro brodi di coltura, ci moltiplichiamo e consumiamo tutto fino a che ce n'è, poi restiamo intossicati dai nostri stessi rifiuti. Dopo milioni di anni di evoluzione della nostra specie ci comportiamo come lieviti e protozoi! Questa è la specie sapiens. Una specie che può avere coscienza individuale, che nella storia ha avuto anche coscienza di classe, salvo dimenticarla in fretta, ma che non ha ancora coscienza di specie.

Ci siamo evoluti in fretta e in un mondo relativamente semplice, ne avevo parlato tempo fa. Siamo passati da comunità di pochi individui al villaggio globale in tempi evolutivamente rapidissimi. All'origine della nostra evoluzione le decisioni coinvolgevano comunità di poche centinaia di persone e un intervallo temporale limitato. Dopo poche migliaia di anni, in seguito alle nostre attività, il mondo che ci circonda è diventato indicibilmente più complesso, l'orizzonte spaziale e temporale delle nostre azioni si è ingrandito fino a coprire l'intero pianeta. La cosa tragica è che in questo incremento di complessità ci sarà sempre un cretino a dispensare "nuovi modi di pensare" e "principi-guida" per affrontare le sfide del futuro affidando tutte le "soluzioni" alla chiaroveggenza tecnologica. Questa è l'era del cretino tecnologico che ignora il discorso politico e sociale ma gli fa la corte parlando di rinnovamento della partecipazione e di democrazia dei like. Tornano in mente in proposito parole davvero profetiche che Baudrillard scrisse nel 1987 nel saggio L'estasi della comunicazione: "Telematica privata: ognuno si vede promosso al comando di una macchina ipotetica, isolato in posizione di perfetta sovranità, a distanza infinita dal suo universo originale, cioè nella posizione esatta di un cosmonauta nella sua capsula, in uno stato di assenza di gravità che lo costringe a un eterno volo orbitale e a mantenere una velocità sufficiente nel vuoto sotto pena di venire a schiantarsi nel suo pianeta di origine."

La verità è che, nonostante tutta la nostra tronfia autostima per pochi millimetri di neocorteccia,  non siamo attrezzati come specie per stare al passo con l'incremento di complessità che viviamo quotidianamente. Gli studi sulle distorsioni cognitive rappresentano l'intuizione dei nostri limiti o, meglio, delle nostre caratteristiche. Già chiamarli limiti significa dare troppo credito al nome che ci siamo autoassegnati, quel sapiens che a volte è addirittura raddoppiato!  Mi direte, ma gli studi sulle distorsioni cognitive e sui filtri della percezione sono frutto di esseri umani! Vero, e qui si aprirebbe un discorso sul livello di consapevolezza potenziale e quello effettivo. Il livello di consapevolezza in condizioni "ideali" per pochi e quello effettivo nella vita quotidiana per tutti. Un discorso che non ha solo implicazioni evolutive ma anche sociali, politiche... Troppo difficile e poi anni fa Elias Canetti scrisse Massa e Potere, uno di quei libri infiniti che non si finiscono mai di leggere. Rimando a quel libro. Cosa potrei dire io di più significativo?

(continua)

lunedì 3 aprile 2017

Gli errori cognitivi dell'animale razionale

"Homo oeconomicus è un concetto fondamentale della teoria economica classica: si tratta, in generale, di un uomo le cui principali caratteristiche sono la razionalità (intesa in un senso precipuo, soprattutto come precisione nel calcolo) e l'interesse esclusivo per la cura dei suoi propri interessi individuali." Wikipedia

Non so se voi avete mai incontrato questo fantomatico massimizzatore dell'utilità ma nel caso l'aveste fatto sappiate che avete visto una creatura mitologica e che la vostra esperienza è più incredibile della mia che ho appena finito di cavalcare Pegaso per fare quattro chiacchiere con Zeus che è molto triste perché nessuno gli dedica inni.

Nelle più difficili situazioni Homo oeconomicus si muove freddo, sicuro e calcolatore tra le varie alternative, valutando le conseguenze di tutte le sue azioni e facendo la migliore scelta possibile. Cosa volere di più dalla vita? Un lucano?

La verità però è molto meno appagante per il nostro ego evolutivo. Homo sapiens è un animale a razionalità limitata. Quella che nella nostra esperienza quotidiana chiamiamo razionalità è spesso la giustificazione a posteriori di scelte fatte con strumenti diversi da quelli razionali. Homo oeconomicus non esiste in natura. Per la verità avanzo qualche perplessità se sia corretto il nome sapiens ma una cosa è certa, Homo oeconomicus non esiste.

Abbiamo abilità limitate per comprendere e risolvere problemi complessi. Per superare i nostri limiti di elaborazione, memorizzazione, attenzione e quant'altro utilizziamo strategie e scorciatoie e passando attraverso queste scorciatoie facciamo le nostre scelte commettendo spesso errori che può essere divertente scovare.

domenica 2 aprile 2017

La cattura del gatto [Note(5)]

Una volta un creazionista[1] disse che l'insormontabile problema della teoria evolutiva è rappresentato dai cosiddetti anelli mancanti tra l'uomo e la scimmia, poi sollecitato dagli scienziati evoluzionisti di fronte alla scoperta dei fossili di pitecantropo il creazionista sostenne che se prima l'anello mancante era uno da quel momento in poi sarebbero stati due!
Il concetto di prova presuppone uno schema cognitivo condiviso, non solo la condivisione degli elementi che costituiscono prova di fatto da accogliere o confutare ma lo stesso concetto di prova. Basti pensare ai numerosi complottisti, ai vari visionari di scie chimiche, negazionisti del riscaldamento globale e dell'efficacia dei vaccini per avere un ampio campionario di soggetti per cui gli elementi di valutazione dei fatti, pur confermati in ogni discussione razionale, non costituiscono alcun valore di prova.[2]
Il livello di analfabetismo funzionale è fuori controllo e un esercito di imbecilli ha scoperto il profumo della ribellione al sistema scovando complotti anche nello scaldabagno di casa. Se fossi un complottista penserei che l'analfabetismo funzionale non è affatto fuori controllo ma, al contrario, un efficacissimo strumento di controllo del gregge.


[1] S. Jones, Scienza darwiniana e fantascienza biblica. MicroMega, 1/2006, p. 133.
[2] Nulla di nuovo sotto il sole, Giacomo Leopardi ne ‘La ginestra o il fiore del deserto’, ricorda alla gente del suo tempo “Così ti spiacque il vero/ Dell’aspra sorte e del depresso loco/ Che natura ci diè. Per questo il tergo/ Vigliaccamente rivolgesti al lume/ Che il fe’ palese: e, fuggitivo, appelli/ Vil chi lui segue, e solo/ Magnanimo colui/ Che sé schernendo o gli altri, astuto o folle,/ Fin sopra gli astri il mortal grado estolle.”, Canti, Rizzoli, 1991.
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