Pagine

giovedì 28 gennaio 2016

Della libertà di opinione e altro

Come seguito all'ultimo post mi preme chiarire un paio di concetti.

Se ostacolo la strada di qualcuno che io stesso non sono tenuto o obbligato a percorrere non sto esercitando una libertà di opinione o di pensiero, ma commetto un abuso, un atto di forza. In altre parole impongo il mio pensiero ad altri, obbligo altri a fare quello io voglio che facciano. Questo fa la chiesa con la sua chiamata alla partecipazione alla manifestazione del family day in nome di un'etica cristiana che non riguarda buona parte dei cittadini di questo paese.

martedì 26 gennaio 2016

Nei panni altrui

Dopo la dichiarazione-compitino di don Bagnasco, intessuta di luoghi comuni e regole universali scolpite sulla pietra, provo a fare uno di quegli esercizi che fanno tanto male, mettersi nei panni degli altri. Parto da un articolo letto sul Fatto Quotidiano.

Tommaso e Diego sono gemelli, hanno tre anni e vivono con Paola e Serena. I due gemelli vivono con le due donne da quando sono nati. Paola è la mamma biologica e Serena è la compagna di Paola. Serena ha bisogno di una delega per qualsiasi cosa, anche per accompagnare i bambini al nido o al pronto soccorso. Facendo ogni scongiuro possibile se Paola verrà a mancare per un qualsiasi motivo Tommaso e Diego finiranno in un orfanatrofio anziché continuare a vivere con Serena. Tommaso e Diego entreranno in un programma di adozione e dopo diversi anni potranno essere adottati da estranei che non sono mai stati presenti nella loro vita. Serena non avrà alcun diritto.

Questo stabiliscono le regole universali di don Bagnasco. Questa è la bontà di don Bagnasco e di quanti come lui sono estranei a mettersi nei panni degli altri preferendo le regole generali, le dichiarazioni di principio e poco importa se disattese da lui stesso e dai suoi seguaci, l'importante è che siano perentorie.

La stepchild adoption del ddl Cirinnà è l’adozione del figlio del convivente, con il consenso del genitore biologico se l’adozione corrisponde all’interesse del figlio e comunque dopo il vaglio del Tribunale per i minorenni. In altre parole stiamo parlando di un istituto giuridico già esistente. Questa e solo questa è l'adozione di cui si parla nel ddl Cirinnà, ma a don Bagnasco & co piace sollevare polvere e fumo perché con il favore della notte e della nebbia gli argomenti si confondano e tutti corrano in piazza a opporsi all'adozione per gli omosessuali di cui non c'è traccia nel ddl Cirinnà.

Parliamoci chiaro, tutto il baccano sollevato non serve a bloccare una novità ma a impedire solo agli omosessuali di fruire di un istituto già esistente.

Intanto, visto che a don Bagnasco premono le altre priorità, gli operai tornano in piazza da Genova a Gela per protestare contro condizioni di vita insopportabili.

domenica 24 gennaio 2016

Promenade con il re dei gatti

Balthasar Kłossowski, noto come Balthus. Il migliore commento alla sua opera è il saggio di Freud Das Unheimliche, reso in italiano con Il perturbante. Balthus perturba, inquieta. Le sue ninfe derelitte, decadenti, richiamano Lolite seducenti solo ad un lettore superficiale. Secondo Jean Clair "solo imbecilli potevano trattarlo come un eccentrico, isolato, erotomane."
Le figure posano in uno stato di languore, quasi torpore per qualcosa che hanno appena visto o per qualcosa che stanno per vedere.
Balthus. La stanza, 1952-1954.
Figure silvane, folletti maligni scostano tende, tolgono il velo, e lasciano filtrare luce e immagini che inducono al deliquio. Il languore delle fanciulle di Balthus è spossatezza. I colori mesti, le linee dure e geometriche, volti quattrocenteschi e austeri.
L'onirico è quanto di più realistico possa concepirsi. Non c'è una realtà altra che non sia quella psicologica intima e profonda. Nessuna salvezza surrealista, nessuna concessione metafisica, nemmeno artistica, poiché l'arte è inquietudine e risolvere l'inquietudine per mezzo dell'arte sarebbe un ossimoro. Significherebbe negare l'arte fuggendola. Nessuna fuga quindi.
Balthus dipinge la soglia psicologica in cui l'infanzia non ancora dimenticata percepisce l'inevitabilità della perdita. Dipinge l'attimo di passaggio tra ciò che è stato e ciò che sarà. Un attimo atemporale, cardine tra passato e futuro. Un attimo colmo di eventi trascorsi e di eventi a venire. L'atemporalità di De Chirico è sospensione del tempo, vuoto di eventi. L'atemporalità di Balthus è nucleo del tempo, pieno di eventi.
Balthus, Grande composizione con mensola, 1985.
Un horror vacui di eventi che procurano disorientamento, spaesamento, svenimento. Le fanciulle di Balthus sono dipinte nell'istante esatto in cui cominciano a vedere quel tempo. Balthus dipinge il disfacimento dell'età dell'innocenza.
Perché fanciulle e non fanciulli? Perché la dimensione lirica della mente subisce le ingiurie del tempo, quella razionale (maschile?) tenta di spiegarle, a volte negandole. Balthus non dipinge la negazione dell'inquietudine. I colori cupi sono quelli del pensiero non confessato, spesso ignorato dal soggetto non esercitato all'esplorazione delle zone più remote e buie. Scriveva Paul Valéry nei suoi quaderni "Quando affronti un viaggio dentro te stesso, parti armato fino ai denti". Solo dopo essere discesi negli inferi della propria anima  si può leggere l'opera di Balthus.
Fino al 31 gennaio è possibile vedere molte opere di Balthus alle Scuderie del Quirinale a Roma.

giovedì 21 gennaio 2016

Revenant!

Il film ha tutte le carte in regola per fare il pieno di oscar.
La pellicola ha gli ingredienti giusti per mandare in visibilio il pubblico americano come un adolescente in piena tempesta ormonale alle prime esperienze di autoerotismo. Sterminati spazi incontaminati, pionieri che faticano indicibilmente per conquistare pelli d'alci e di cervi salvando la propria dalle tribù indiane più sanguinarie che trattano con i soldati francesi perché quelli americani sono leali e intorno al loro accampamento ospitano una serena tribù di pacifici indiani. L'immancabile mela marcia immancabilmente stigmatizzata dagli ufficiali americani che come è stato detto sono buoni. E poi l'eroe, americano ovviamente, dal passato sofferto che suo malgrado ha fatto i conti con gli errori della colonizzazione dei territori indiani. Una figura cristologica che carica sul proprio corpo gli errori altrui assolvendo gli eventuali errori da parte americana che comunque la pellicola cela, sicuramente per non turbare la sensibilità del pubblico premiante. L'eroe lotta con le forze della natura che nella fattispecie hanno la forma di un grizzly femmina con orsetti al seguito e, si sa, è meglio non incrociare la strada con una madre orsa e i suoi cuccioli. Lotta furibonda, alla fine la forza bruta è sconfitta ma ha inferto ferite profonde che mettono a dura prova l'eroe che dopo aver lottato con la natura selvaggia lotterà con il proprio corpo per sopravvivere e lotterà ancora con la natura selvaggia per portare a termine la sua missione. Ha un compito da assolvere l'eroe, vendicarsi della mela marcia che gli ha ucciso il figlio avuto dal matrimonio con la donna indiana. Percorrerà centinaia di chilometri per raggiungere l'assassino ma "la vendetta è nelle mani di Dio", altro topos che procura scomposti orgasmi nel pubblico americano. L'eroe raggiunge il fedigrafo - prendete fiato per non interrompere il pathos - ma dopo una cruenta lotta l'eroe lascia andare il farabutto sul letto del fiume perché a tagliargli la gola siano i selvaggi indiani della tribù sanguinaria che risparmiano la vita dell'eroe che si è conquistato la loro stima salvando la figlia del capo tribù durante uno stupro da parte dei soldati, francesi, ça va sans dire!

Ispirato ad eventi realmente accaduti, dice la locandina, con molte licenze e qualche abbellimento. Del resto se neanche De Gaulle resisteva ad arricchire le sue vicende di guerra, vogliamo forse negare a Iñárritu, Di Caprio & co qualche infiorettatura per assicurarsi un premio cinematografico?

Oltre alle innumeri perle storiche che il film dona è da segnalare l'azzeccatissimo titolo, revenant, il redivivo. Il titolo è la migliore sintesi del pensiero sotteso al film: John Wayne's back.

Sò forti st'americani aòh! Uoz amerigan boys! Auanagana...

lunedì 18 gennaio 2016

Vecchie note

Nel Fedro di Platone si narra del mito dell’auriga che guida una biga trainata da due cavalli alati, uno bianco, elegante ed ubbidiente che corre verso il cielo, l’altro nero, rozzo e ribelle che va in direzione della terra. Chiaramente i due cavalli sono trasposizioni metaforiche di quell’ambivalente condizione umana che anela all’infinito ma che è sempre passibile di cadere nelle terrene passioni. Compito dell’auriga-ragione è guidare la biga con la collaborazione del cavallo bianco. Ma per andare dove?
A Platone, e a molti filosofi morali successivi, sarà sembrato che l’uomo fosse di volta in volta trascinato dal cavallo bianco o da quello nero ma non è da escludere che i cavalli, tutt'altro che domati, trascinino lacerti d'uomo.
Se Platone ha dato avvio ad una scissione tra le cose terrene e quelle divine, è anche vero che alla cultura dei greci del tempo mancavano gli elementi schizofrenici che hanno caratterizzato le epoche successive, quando alla debolezza dell’uomo si è aggiunto il sostrato culturale del dominio sulla natura che con l’avvento del cristianesimo ha raggiunto la sua apoteosi e che la nostra modernità, nata dalle lacerazioni interne al cristianesimo, ha sancito come regola aurea[1]. Sebbene Platone rappresenti il precursore della scissione tra le cose terrene e quelle divine, quanto il filosofo ci ha lasciato è sufficiente per capire che quando punta il suo dito al cielo[2] non ha in mente un Dio che vede l’uomo quale unico soggetto di dominio ma una “universa armonia”, alla quale anche Zeus deve sottostare, in cui “quel piccolo frammento che tu rappresenti, o uomo meschino, ha sempre il suo intimo rapporto con il cosmo e un orientamento ad esso, […] Non per te infatti questa vita si svolge, ma tu piuttosto vieni generato per la vita cosmica”[3]. La politica di Platone, tecnica regia tra le arti umane, nasce dall’abbandono degli dei e da quell’abbandono sorge la consapevolezza che gli uomini “dovevano trovare il modo di avere autonoma cura di sé”[4]. Dalla intrinseca condizione di debolezza doveva conseguire la scelta della norma. Il cristianesimo Paolino, nato dalla matrice ebraica e uscito dalla nicchia tribale, opera un rovesciamento di questa posizione. Se da un lato ha avuto il merito di rivolgersi alle masse deboli e emarginate, dall’altra ha creato un esercito di parvenu dello spirito.
L’uomo greco, consapevole della propria debolezza, è costretto a farne un punto di forza. L’uomo cristiano, consapevole della propria debolezza, ne fa il vessillo del comando.

[1] Lynn White, 1967. The historical roots of our ecological crisis. Science, 155. pp. 1203–1207. Disponibile in italiano nel sito di Doppiozero.
[2] Scuola di Atene di Raffaello Sanzio nelle sale Vaticane, Platone punta il dito al cielo e Aristotele punta il dito verso la terra, a quest’ultimo è toccato quindi maggior paradosso per essere stato considerato per molti secoli dal Cristianesimo quale unica autorità del sapere. Il merito non gli ha risparmiato l’inferno al “maestro di color che sanno”, dopo la recente abolizione del limbo!
[3] Platone, Leggi, Libro X, 903c. Cit. da Umberto Galimberti, Psiche e techne – L’uomo nell’età della tecnica. Feltrinelli, Milano, 2005, p. 55.
[4] Platone, Politico, 274d. Cit. da Umberto Galimberti, Psiche e techne – L’uomo nell’età della tecnica. Feltrinelli, Milano, 2005, p. 256  

martedì 5 gennaio 2016

Note sui conflitti

René Magritte, Condizione umana, 1933
Queste note prendono spunto da un articolo di Michele Prospero pubblicato da Il Manifesto il 15 dicembre scorso. Sono note per niente sistematiche e ancor meno esaustive ma avevo bisogno di scriverle per chiarire a me stesso alcuni punti dell'articolo.

Dell'articolo di Prospero condivido l'impianto generale della critica mossa ad una sinistra sempre più "leggera" dei suoi valori fondanti e su questo punto rimando alla lettura del denso articolo. Qui mi soffermerò su un passaggio molto delicato quando Prospero dice che "la sinistra ha dirottato le proprie antenne verso i nuovi diritti a costo zero, verso sensibilità estetico-ambientali-etiche che garantivano una presa in aree secolarizzate, colte, metropolitane dell’elettorato." Affermazione ineccepibile e vera ma che a mio avviso contiene molte insidie che vanno chiarite. L'insidia più rilevante è ventilare un conflitto tra diritti, tra vecchi e nuovi diritti, e in particolare tra i diritti sociali della vecchia sinistra e i diritti civili della "nuova sinistra".

lunedì 4 gennaio 2016

passata la festa...

"Tutta la città si gettò fuori, per festeggiare il minuto di oppressione in cui il tempo delle sofferenze finiva e il tempo dell'oblio non era ancora incominciato.
Nelle strade e nelle piazze la gente ballava. Entro ventiquattro ore il traffico era raddoppiato e le vetture sempre più numerose erano trattenute a ogni svolta da folle festeggianti. Ogni campanile suonava a distesa per tutto il pomeriggio, e le campane riempivano il cielo blu e oro con i loro riverberi." Albert Camus, La peste, 1947.

***

L'emergenza smog è rientrata in molte città. Dopo giorni di febbrili misure adottate per risolvere il problema delle polveri sottili è stata dimostrata ancora una volta l'efficacia della danza della pioggia.

***

Per saperne di più sulle origini dell'inquinamento da polveri sottili consiglio la lettura di questo articolo.
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...