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mercoledì 26 maggio 2010

Il colpo di scena

Padrone – Qui andiamo tutti a puttane, cribbio!

Schiavo devoto – Non pronunciar tal intento padron mio che rinovelli in me i turpi dì che loschi comunisti infangaron l’augusto nome tuo facendolo risonar con quello di signore dall’allegro mestiere.

P. – Che hai capito? Intendo che la pacchia è finita, la crisi economica si sente e la bufala che non metto le mani nelle tasche degli italiani non regge più. Il castello sta crollando, la corruzione dilaga. Anche i miei più fidi cortigiani si sono fatti beccare, vil razza dannata.

S.d. – O mio signore non dir così, non lacerare il cor mio con parole che per me son lame. Tu lo sai, io ti son fedele e mai osai mettere in ombra la tua icona. Per me è gran privilegio raccogliere le briciole tue, non chiedo altro. Vissi d’arte, vissi d’amore, non feci mai male ad anima viva. Malevoli voci sul mio conto si riversano, altro spregio non v’è sulla mia onorabilità. Amare lacrime verso per il fango sul mio buon nome e non reggo più l’affronto di tanta onta. Donami auspicio mio vate, di’ soltanto una parola e io sarò salvato.

P. - Lascia perdere, ormai la frittata è fatta e come al solito tocca a me correre ai ripari andando in giro porta a porta a convincere gli elettori che è tutto a posto.

S.d. – Come pensi, o araldo d’amor, traghettare il nostro naviglio fuori da questi marosi?

P. - Qui caro mio ci vuole il colpo di teatro. I sondaggi crollano e la mia popolarità precipita.

S.d.O duce mio, della nazione faro di virtù, come possiamo trovar varco in questa landa desolata fitta di intrighi e turpi passioni?

P. - Ho trovato! E’ arrivato per te il momento di mostrarti fedele come dici.

S.d. – Parla dunque, pronuncia il verbo ed io saprò mostrarmi degno del tuo disio. Son pronto alla morte, l'Italia chiamò.

P. – Se tu sei pronto insieme faremo un autentico colpo di scena che mi riporterà alla ribalta.

S.d. – All’estremo sacrificio son pronto, non tacer oltre, svelami dunque il frutto del tuo ingegno o maestro d’arme e d’arte.

P. – Da troppo tempo non mi faccio vedere in giro e con questa cavolo di manovra finanziaria la mia popolarità cala a picco, mi serve qualcosa di eccezionale che aumenti la mia visibilità, un evento drammatico dove posso mostrarmi addolorato, lo sai che la gente è sensibile a queste cose.

S.d. – O sì mia guida, lo so bene che l'animo tuo gentile si dona tutto nei momenti di dolore. Togli alfine il freno al tuo pensiero e senza indugio lascia che le tue parole giungano al mio trepidante cor.

P. – Mio caro, tu stai attraversando un periodo difficile.

S.d. – Ebbene sì, nol nego signor mio.

P. – Sei sotto pressione per via dei giudici e delle loro maledette indagini.

S.d. – Senza appiglio alcuno son le loro accuse, agnello sacrificale son io immolato sull’altare della giustizia per amor tuo.

P. – Sì lo so che sono tutte menzogne e proprio per questo che il colpo di scena funzionerà alla perfezione.

S.d. – Ti prego, ti imploro non lasciarmi al buio, illuminami della luce del tuo acume.

P. - Ti devi suicidare.

S.d. - …!?!

P. – Oh, mi hai capito?

S.d. – O mio ben non è la prima volta che mi disorienta la strategia del tuo operare. Sii indulgente con me se non ne colgo tutte le sfumature.

P. – Ma quali sfumature? Qui non ci sono sfumature da cogliere né tempo da perdere, senza un colpo di scena qui chiudiamo bottega. Ti vuoi suicidare o no? Ci vuole un bel suicidio per spostare l’attenzione della gente e farmi vedere mentre piango sul tuo feretro. Finiamola con le chiacchiere e fammi vedere se sei veramente pronto a tutto per il tuo paese.

S.d. - Padron mio a te mi son votato e nel momento del bisogno non mancherà il mio sostegno. Vergherò poche righe per i posteri e me ne andrò là dove tutto è silenzio.

P. – Bravo! Una lettera aperta è quello che ci vuole. Poche righe accorate dove dici del fango che giudici e giornali gettano sul tuo nome, che non puoi difenderti e che bisogna porsi qualche interrogativo prima che non sia troppo tardi, quella roba lì che annuncia un atto grave. La indirizzi alle massime cariche dello stato e, mi raccomando, a qualcuno non la spedire così quando non ci sarai più il senso di colpa farà un bell’effetto.

S.d. – Ordunque m’accingo all'ultimo passo. Cantami o divo i versi che lascerò e quando avrò finito me ne andrò silente e distrattamente volgerommi a riveder il tuo sembiante.

P. - Sì vai vai.

S.d. – Vado dunque, vado oltre l’oblio in attesa di rincontrarti padron mio. Là ci darem la mano, là mi dirai di sì.

P. – Sì ma adesso vai.

S.d. – Ricordami come colui che lasciò questa negra valle con due parole tra le labbra: totus tuus.

2 commenti:

  1. Me l'ero perso, fantastico! (ma forse lo schiavo nella realtà ha la lingua troppo secca e annodata per riuscire a pronunciare parole così forbite)

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  2. sì, in effetti l'ho sopravvalutato, prima o poi gliene chiederò conto!

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