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venerdì 18 dicembre 2009

Dodici mesi

Sono quasi dodici mesi che prendo un po' di spazio nella rete con questo blog. Mi sono divertito ad 'abitare' questo strano posto, dove mi pare che il 'monologo collettivo' di cui parla Umberto Galimberti in Psiche e Techne trova il suo pieno compimento.
Non è il mio mondo, di solito amo dialogare guardando in viso i miei interlocutori e scrivere per un blog senza uno scambio non è che un esercizio, forse utile a fissare bene le idee, a tentare di renderle chiare anche a sé stessi ma questo posso tranquillamente farlo senza l'illusione di una connessione che tra l'altro, devo ammettere onestamente, non sono capace di attivare.
Tutto sommato sono contento di aver tenuto questa sorta di diario, anche se ancora non mi è chiaro il motivo.
Grazie ai pochi lettori, sicuramente meno di venticinque!

mercoledì 16 dicembre 2009

Il clima

Qualche giorno fa Berlusconi è stato seriamente ferito al volto dal lancio di un oggetto da parte di un uomo che sembra soffrire di turbe psichiche. Gesto detestabile, certo. Gesto da condannare, senza ombra del minimo dubbio. Tralasciando ogni tentativo di strumentalizzazione politica del gesto di un folle, sulla quale sono già in molti ad esercitarsi, resta valida la riflessione sul cosiddetto ‘clima’ che ha fatto da contesto a questa drammatica vicenda. Riflessione necessaria non per il fatto in sé ma perché il vero rischio da scongiurare è che il gesto isolato di un folle trovi terreno nel tessuto sociale arrivando a far parte dello ‘strumentario’ della politica, facendo perdere a questo Paese quello che di civile gli è rimasto e facendolo ritornare indietro nel tempo, decisamente più indietro di quanto già non sia.

Il clima si diceva. Il clima è quello di una trasmissione televisiva chiassosa dove partecipano urlatori di professione, gente addestrata ad interrompere i propri interlocutori, abituata a coprire la voce degli altri, maleducati in giacca e cravatta che fanno dello sberleffo delle opinioni altrui uno stile di vita. Il clima è quello dello svilimento dei poteri dello Stato, di chi dice che il Presidente della Repubblica dorme e di chi dice che ha dato assicurazione di influire sulle decisioni della Corte Costituzionale, delle leggi fatte troppo in fretta e per scopi personali, dello scontro tra le istituzioni, il clima di chi ignora che un paese si governa sub lege e che il consenso popolare non è il nulla osta a qualsiasi azione legislativa. E’ il clima del culto della personalità, dell’insulto agli oppositori politici, di chi arringa un teatro contro una “elite di merda” e dice che “vada a morire ammazzata la sinistra che prepara il colpo di stato”, è il clima di chi infanga la pubblica amministrazione per ricevere facili applausi, è il clima del linguaggio svilito dei suoi criteri di verificabilità, delle regole comuni vilipese e violentate, della cosa pubblica denigrata al servizio della cosa privata, delle minoranze offese e del razzismo strisciante, il clima di chi porta a spasso un maiale nei luoghi destinati alla costruzione di una moschea, di chi inaugura un presepe e lo usa come una clava ideologica nei confronti delle altre culture. E’ il clima di chi concepisce la parola Imam come un’accusa da rivolgere ad un vescovo che invoca il rispetto delle altre religioni, di chi festeggia il “White Christmas” cacciando via gli immigrati e di chi usa la bandiera italiana per “pulirsi il culo”. Il clima è quello dell’incompetenza che crea mostri giuridici che puniscono lo status di clandestinità invece dell’azione di reato, di chi ignora i principi fondamentali della Carta Costituzionale e scrive leggi ignobili che non possono passare il vaglio della Consulta, è il clima di chi accusa il Presidente della Repubblica e la Corte Costituzionale di parteggiare per una parte politica. Il clima è quello di chi consiglia le stampelle ad una centenaria, di chi dice che le persone di questo paese sono “coglioni” se votano per l’altra parte politica, è il clima di chi stappa spumante e si ingozza di mortadella sugli scranni del Parlamento, di chi dice che le persone “possono morire” purché si lasci il crocifisso nelle scuole, è il clima di chi è disposto a far saltare centomila processi pur di fermare quelli a proprio carico. E’ il clima di chi pensa che il potere permette di fare tutto e garantisce l’immunità per ogni propria azione, di chi paragona lo Stato ad una azienda e di chi offende i colleghi europei chiamandoli kapò. E’ il clima di chi pubblica in prima pagina la parola “minchiate”, di chi cerca il bagno di folla per la propria esaltazione, di chi dice che i giudici sono “persone mentalmente disturbate”, di chi ha emesso un editto bulgaro per poi negarlo infangando la memoria di un defunto, di chi dice che la mafia è un fenomeno contenuto in nome del made in Italy. Il clima è quello della volgarità di chi fa della virilità e del giovanilismo la propria cifra stilistica e del gallismo il vessillo del proprio pensiero, di chi abusa degli strumenti legislativi d’urgenza e svilisce il dibattito parlamentare con la fiducia pur disponendo di una solida maggioranza. Il clima è quello di chi disegna biancheria intima ai consessi europei e usa il palco internazionale per accusare i garanti della Costituzione di intralciare il governo del Paese. Il clima è quello dei complimenti del capo del Governo italiano ai dittatori degli altri paesi, degli incidenti diplomatici con il re di Giordania per superficialità e maleducazione, è il clima delle ronde di esaltati e della polizia senza benzina nelle auto, degli straordinari non pagati a poliziotti e carabinieri, dei condoni edilizi e delle sanatorie fiscali, della scuola pubblica defraudata del suo ruolo pedagogico a favore della scuola privata, di una giustizia offesa e disarmata, delle prescrizioni sbandierate per assoluzioni e della paura svenduta per sicurezza, è il clima di chi usa questo drammatico evento per zittire l’opposizione e il dissenso, per prolungare lo scudo fiscale, è il clima degli imbecilli che sul web inneggiano al feritore e che invocano la morte di Berlusconi. E’ il clima di un linguaggio avvilito e violentato che ha dimenticato i suoi contenuti e la sua forma trasformando la dialettica politica in zuffa da pollaio e la partecipazione democratica in scontro tra tifoserie.
Non sarà con le finanziarie che si potrà risanare questo clima e se il clima conta per quello che è successo a Milano, Berlusconi ne è artefice e vittima. Il clima non giustifica un gesto violento ma ne costituisce la cornice e, come si dice dalle mie parti, se semini vento raccoglierai tempesta.

In questo clima, pur senza fare abuso della parola ‘solidarietà’, ripeto con fermezza la mia condanna per il gesto violento e auguro a Berlusconi che guarisca presto e completamente ma soprattutto auguro che questo paese prenda in cura un linguaggio offeso e morente e ricordi almeno le regole basilari dell’educazione e del confronto politico. Per questo mi auguro anche che Berlusconi si dimetta, perché lo ritengo privo del minimo senso dello Stato necessario per ricoprire il ruolo di capo del Governo e perché lo ritengo incapace di creare un clima di serenità in cui governare nel rispetto delle regole costituzionali. Ma che si dimetta o no, questo paese potrà uscire dal cosiddetto berlusconismo solo percorrendo le strade che rispettano le regole fondamentali della democrazia, strade lente, polverose, strade faticose in cui poter sostare ai bordi per guardare bene il paesaggio.
Non ci sono altre strade.

martedì 15 dicembre 2009

Indovinello triste

Se guardi indietro ne hai uno di più, se guardi avanti ne hai uno di meno.

***

Quando hai guardato indietro abbastanza a lungo e l'arte della rimozione ti ha preso la mano, non resta che guardare avanti.

mercoledì 9 dicembre 2009

Delle cose inutili

"L'unico comportamento degno di un uomo superiore è la persistenza tenace di un'attività che si riconosce inutile, l'abitudine ad una disciplina sterile, l'uso fisso di norme del pensiero filosofico e metafisico che comprendiamo non essere di alcuna importanza." Fernando Pessoa, Il libro dell'inquietudine, pensiero n. 86.

A questo punto dovrei scrivere delle cose inutili e di come l'utilità rivesta le cose o le nostre attività con il tempo. Dovrei scrivere come l'utilità, lungi dall'essere intrinseca alle cose, sia il risultato dell'investitura di un sistema culturale che a sua volta può essere del tutto inutile, come il post che avrei scritto del resto, e come tutti i miei precedenti, e i miei successivi.
Tanto vale fermarsi all'esergo.

Fernando Pessoa

martedì 8 dicembre 2009

Te piace o' presepe?

Bello il presepio, con il bue, l'asinello e la stella cometa. Lontano arrivano i re magi e tutto intorno pastori e greggi. Tutto è pronto per l'adorazione, giorno dopo giorno i pastori si spostano verso la capanna, la musica di sottofondo rende lieti i cuori e fa sentire tutti più buoni, quando saremo prossimi al natale un'ordinanza comunale stabilirà lo sfratto degli occupanti, salvo che non si tratti di inermi pupazzi che si possono spostare a piacimento su un paesaggio di cartapesta per ricordare le radici della nostra cultura! Una cultura di cartapesta.

***

Letizia Moratti inaugura il presepe di Palazzo Marino insieme a Bossi, ospite d'onore Erode dopo la firma del trattato per evitare eccidi nel suolo patrio, i disperati si mandano a morire altrove per non disturbare le festività.

giovedì 3 dicembre 2009

La ciabatta intelligente

L’altra sera ho fatto un discorsetto al mio dito indice. Gli ho detto: “Tu non mi capisci più, non c’è intesa tra noi, un tempo ci capivamo di più.” Lui voleva dire qualcosa, lo intuivo, ma non è riuscito a dire nulla, forse umiliato dalla mia decisione di prendere di petto la situazione che stavo rimandando ormai da troppo tempo. Il mio atteggiamento era deciso e quel suo silenzio non mi avrebbe impedito di arrivare fino in fondo alla mia decisione. Inoltre, mi irritava non ricevere alcuna risposta alle mie esortazioni e, mi rendo conto, sono diventato particolarmente duro quando gli ho gettato in faccia che dopotutto il dito più importante della mano era in pollice, per via di quella sua opponibilità. Alla fine gliel’ho detto: “Comprerò una ciabatta, una di quelle ‘ciabatte intelligenti’ che sanno quando è arrivato il momento di agire e fanno il loro dovere senza porsi troppi problemi e soprattutto senza chiedere alcun impegno. Fanno tutto loro, si prendono le loro responsabilità e non c’è bisogno di ricordargli nulla, non sono come te che premi l’interruttore solo se te lo ricordo io!” Lui voleva dire che poteva fare molte altre cose che le ciabatte non possono fare ma di fronte alla mia osservazione che quello che poteva fare dipendeva comunque dalla mia volontà, a differenza delle ciabatte intelligenti, non ha saputo opporre alcuna argomentazione. Il dado era ormai tratto, la rottura tra me e il mio dito era definitiva.
Il giorno dopo ho comprato la ciabatta intelligente ed ho collegato alle sue prese le spine dei miei apparecchi: il televisore, il digitale terrestre, il lettore dei DVD. Meravigliosa! Un prodigio della tecnica, la ciabatta capiva subito quando uno strumento era spento e toglieva la corrente a quelle fastidiose luci dello stand-by. Non era come le vecchie ciabatte che toccava staccare la spina o al massimo avevano un interruttore su cui il mio dito si esercitava se glielo ricordavo io. La nuova ciabatta invece era davvero sorprendente. Appena spegnevo qualcosa, lei aspettava qualche secondo per sincerarsi della mia decisione di non voler riaccendere l’apparecchio e poi lo spegneva definitivamente. Mi avevano parlato di queste ciabatte intelligenti, ti faranno risparmiare un mucchio di soldi, mi avevano detto. E’ vero, non bisogna sottovalutare la corrente che va via con quelle diaboliche luci di stand-by. Inoltre, le ciabatte intelligenti non sono neanche costose, il loro costo si ripaga con il risparmio in elettricità in appena due o tre anni. La mia ciabatta intelligente mi ha soddisfatto così tanto che poi ne ho comprata un’altra e l’ho collegata allo stereo ed al computer. Era davvero rassicurante sapere che loro avrebbero pensato al mio risparmio.
Il mio dito era visibilmente risentito della mia soddisfazione per le ciabatte intelligenti e a malapena nascondeva la gelosia nei confronti di questi meravigliosi strumenti del progresso. Quando gli ho comunicato che volevo mettere i rilevatori di presenza per l’accensione delle luci in casa e i temporizzatori ha avuto un cedimento, non avrebbe più avuto interruttori da premere, non si sarebbe più occupato dello spegnimento delle luci. E’ stato un duro colpo per lui. La verità è che il mio dito è davvero primitivo, non riesce proprio ad apprezzare le meraviglie della tecnica! Mi hanno assicurato che un giorno ci saranno ciabatte superintelligenti che si occuperanno anche dell’accensione degli apparecchi, capiranno cosa vuoi fare e loro avvieranno l’apparecchio giusto, quel giorno i computer non avranno più bisogno dei mouse e quindi taglierò il mio vecchio dito indice.

***

Pochi giorni fa ho letto un documento che parlava di questi prodigiosi strumenti per la casa del futuro, per il risparmio e l’efficienza energetica. Inutile dire che non ho nulla in contrario al risparmio o all’efficienza nell’uso dell’energia, anzi. Quello che mi fa paura è un futuro in cui delegheremo l’intelligenza ad apparecchietti che si occuperanno di noi, non per necessità ma per la nostra pigrizia.
Per superare l’orrore di solito faccio uso di droghe molto potenti!



La voce è di Eugenio Montale.

martedì 1 dicembre 2009

Il di cui del barista

Sarà sicuramente capitato di andare al bar con degli amici e chiedere più di un caffè di diverso tipo. In questi casi è di fondamentale importanza il corretto uso del “di cui” del barista. Se, volendo tre caffè, si chiedono al barista “tre caffè, uno macchiato, uno ristretto”, è quasi certo che nella sua mente si disegneranno cinque tazzine, che senza il nostro intervento si materializzeranno sul bancone con nostro enorme stupore. Per evitare lo spiacevole disguido è necessario utilizzare con severa diligenza il “di cui” del barista, pronunciando “tre caffè, di cui uno macchiato e uno ristretto”. A prima vista la cosa può sembrare banale e di scarso significato, tuttavia ad una attenta riflessione è rivelatrice della rigorosa struttura linguistica del barista che applica basilari nozioni di insiemistica. In effetti, la richiesta “tre caffè, uno macchiato, uno ristretto” con la sua asettica elencazione non può che corrispondere a cinque caffè, mentre la formulazione “tre caffè, di cui uno macchiato e uno ristretto”, anteponendo l’intero ai sui attributi è chiaramente indicatrice di tre caffè, sia pure distinti in tipologie differenti. Secondo la corretta enunciazione l’intero non è revocato in dubbio dai suoi accidenti.
Sono convinto che un periodo di apprendistato presso un barista qualsiasi potrebbe far molto bene al discorso sui diritti civili e sui cosiddetti temi “eticamente sensibili”.

PS - Ho scritto queste righe qualche anno fa, nel 2005 se non ricordo male, nonostante sia passato un po' di tempo penso che il consiglio di apprendistato presso un barista conservi ancora la sua validità per chiunque si accinga a discutere del tema dei diritti nell'eterogenea comunità umana.

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